Gabriel von Eisenstein | Gabriele Spina |
Rosalinde | Caterina Poggini |
Alfred | Artem Tarasenko |
Adele | Adina Vilichi |
Frank | Dielli Hohxa |
Orlofsky | Isabella Messinese |
Falke | Dario Shikhmiri |
Blind | Claudio Mugnaini |
Ida | Amelia Burns |
Ivan | Antonio Pannunzio |
Frosch | Davide Riondino |
Ospiti nella festa del secondo atto | Eva Mei |
Marina Comparato | |
Elisabetta Sepe | |
Direttore | Paolo Ponziano Ciardi |
Regia ed adattamento dei dialoghi | Riccardo Massai |
Luci | Gianni Paolo Mirenda |
Maestro del Coro | Francesco Rizzi |
Orchestra e Coro del Conservatorio di Musica Luigi Cherubini di Firenze | |
In forma semiscenica |
La programmazione del Maggio Musicale Fiorentino, nel corso dei decenni, si è spesso distinta per scelte coraggiose, talvolta audaci, anche al limite dello snob, alternate al repertorio corrente. Scelte che hanno guardato evidentemente con sospetto titoli considerati, non sempre a ragione, troppo frivoli o comunque non degni di particolare interesse. Vedi gran parte del melodramma francese ottocentesco (Grand-Opéra, compreso), il Dvořák operistico, Humperdinck, solo per fare qualche esempio, e naturalmente, l'operetta. Die Fledermaus di Johann Strauss jr. (o meglio Il Pipistrello, visto che in questa occasione è stato presentato nella versione ritmica italiana di Gino Negri), è in repertorio nei teatri di tutto il mondo, è anzi forse uno dei titoli più rappresentati in assoluto, non solo nell'ambito del genere a cui appartiene; ma ha dovuto aspettare l'anno in corso per entrare nella programmazione del teatro fiorentino e non dall'ingresso principale, visto che non si è trattata di una produzione del Teatro dell'Opera ma di una collaborazione con il Conservatorio Luigi Cherubini che ha messo in campo le proprie forze artistiche con un entusiasmo ma anche con un coraggio non comuni; perché il capolavoro di Johann Strauss jr. presenta difficoltà che di solito non si associano all'operetta. Soprattutto il cast è messo a dura prova da linee vocali tutt'altro che semplici, che hanno visto cimentarsi con esse artisti grandissimi, molti dei quali, insieme ad alcune delle maggiori stelle della direzione d'orchestra, hanno lasciato innumerevoli, pregevolissime testimonianze sonore, oltre a numerosi video.
Dirò subito che tutto sommato si è trattato di una serata piacevole e per certi versi inconsueta. Non mi era mai capitato di assistere nella nostra città a spettacoli lirici con una parte del pubblico in maschera (era il martedì grasso), con signore e signori in mises simpatiche, tipo una non giovanissima spettatrice che perdeva piume come il cigno di Saint-Saëns nei Ballets Trokadero; e con molti giovani apparentemente attenti e divertiti. Inoltre platea piena, ed anche questo è confortante di questi tempi, e successo vivo.
La prima positiva sorpresa è venuta dall'orchestra, formata da giovanissimi elementi, attenta, disciplinata, capace, sotto la guida di Paolo Ponziano Ciardi, di discrete dinamiche, di un apprezzabile gioco di rubati e anche di una certa eleganza.
Lodi pure al coro diretto da Francesco Rizzi che sfoggia un bel colore, compattezza di suono, disinvoltura scenica.
Come dicevo, la scrittura vocale dei solisti è tutt'altro che semplice e la decisione di mettere in scena Il Pipistrello era in partenza un po' temeraria e fossi stato fra i responsabili del progetto mi sarei indirizzato verso titoli più abbordabili da tutti i punti di vista. Ma l'impegno assoluto dei ragazzi, alla fine, forzava la simpatia e si faceva perdonare le manchevolezze presenti.
Sono stato gradevolmente colpito da Caterina Poggini, capace di sostenere senza troppi patemi d'animo i temibili sbalzi di tessitura di Rosalinde con voce sonora, quasi spavalda nelle puntature all'ottava superiore. Sicuramente migliorabile anche e soprattutto nel gioco scenico e nella recitazione, ma elemento già affidabile, fermi restando un continuo approfondimento della tecnica e la ricerca sempre più capillare nella valorizzazione delle non comuni qualità naturali.
Eisenstein è ruolo anfibio, troppo basso per i tenori, vede spesso i baritoni impiccarsi in passi acutissimi per la categoria. Gabriele Spina, forse l'elemento più navigato della compagnia per esperienze artistiche, non sfugge a questi problemi, soprattutto nel duetto dell'orologio nel secondo atto. Lodevole la capacità di tenere il palcoscenico.
Quest'ultima caratteristica, insieme alla recitazione, erano la carta vincente di Dario Shikhmiri (Falke), poco a suo agio invece nel legato e nel controllo della linea vocale.
Assai professionale da tutti i punti di vista Isabella Messinese, che mi ha dato la sensazione di poter navigare meglio in zone meno contralteggianti di quelle offerte da Orlofsky.
Adina Vilichi e Artem Taraschenko lottano un po', comprensibilmente, con la dizione, e sono entrambi gradevoli e divertenti in scena. La prima manca di omogeneità e non è a suo agio nelle note estreme previste dalla parte di Adele, il secondo ad onta del timbro piacevole, litiga troppo con il solfeggio.
Completavano il cast Dielli Hohxa (Frank), Amelia Burns (estroversa Ida), Claudio Mugnaini (ben caratterizzato Dr. Blind), Antonio Pannunzio (Ivan).
Nel corso della festa del secondo atto erano previsti alcuni ospiti, come da tradizione. Si trattava di Eva Mei, Marina Comparato e Filippo Adami, con Elisabetta Sepe, tutti e quattro ex allievi del Conservatorio Cherubini. Venuto a mancare il tenore, indisposto, si è svolto così un simpatico siparietto tutto al femminile durante il quale Marina Comparato ha alternato sottile sensualità e brio malizioso eseguendo la Chanson bohème da Carmen di Bizet e La canción de la Paloma da El barberillo de Lavapiés di Barbieri, mentre Eva Mei regalava ironica leggerezza e elegante virtuosismo nel Bacio di Arditi e nella Tarantella di Rossini. Il tutto condito dal contributo accurato e competente di Elisabetta Sepe al pianoforte.
Completava il quadro la partecipazione come Frosch di Davide Riondino che virava la caratterizzazione del carceriere Frosch verso toni svagati e surreali, solo un po' limitati da una proiezione della voce troppo contenuta.
Lo spettacolo era in forma semiscenica. La regia era curata da Riccardo Massai, che ha sfruttato le caratteristiche di ognuno dei solisti, quasi tutti verdi o verdissimi, riuscendo a rendere abbastanza omogeneo il tutto, compresi i movimenti del coro, con le luci appropriate di Gianni Paolo Mirenda.
Applausi caldissimi anche a scena aperta.
Silvano Capecchi